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Nuovo orario di lavoro. I medici non sono impiegati

dal 25 novembre scorso è stata applicata in Italia una ormai già datata normativa europea (decreto 66/2003) in cui all’art. 7 si codificano le nuove norme relative all’orario di servizio del personale medico ed infermieristico. In primis vorrei precisare che i dodici anni intercorsi tra l’emanazione europea e l’applicazione in Italia non sono stati sufficienti a sensibilizzare le autorità politico-amministrative e sanitarie a preoccuparsi di queste novità e a lavorare per renderle più facilmente e magari gradualmente applicabili nella realtà assistenziale della nostra nazione. Mi sembra scontato evidenziare che l’applicazione ad horas, da un giorno all’altro, di tale normativa ha comportato da qualche settimana il caos organizzativo più totale nella maggior parte - se non in tutti - gli ospedali d’Italia.

Turni rivoluzionati, impossibilità a proseguire il lavoro oltre certi limiti, riposi forzati e così via. In un settore già carente di personale quest’ultima tegola comporterà un ulteriore affossamento del Servizio sanitario in quanto si ridurrà inevitabilmente l’attività assistenziale e di conseguenza si allungheranno le liste d’attesa. Ma qui non voglio discutere di tali problematiche che ancorché complesse richiedono immediate soluzioni che devono far parte di un preciso progetto politico-amministrativo.

Qui vorrei capire che cosa ha potuto generare una normativa a dir poco “mostruosa”. Qui vorrei chiedere quale mente “geniale” un bel giorno ha deciso di regolamentare il lavoro dei medici come quello degli impiegati. Quando un impiegato di qualunque livello, anche se sottoposto a lavoro usurante (per esempio un pilota d’aereo), finisce il suo turno per un riposo “obbligatorio” può effettivamente chiudere con il suo lavoro e dedicarsi ai suoi hobby e al suo meritato sonno. Il chirurgo no, questo non lo fa! Questo non può farlo!

E’ vero che la nostra europeizzazione ha portato a burocratizzare la nostra professione ma, credetemi, noi, con la nostra mente, il nostro cuore, i nostri pensieri, non possiamo fermarci dopo aver timbrato il cartellino a fine turno di lavoro. Il più delle volte il chirurgo porta con sé ansie, preoccupazioni, idee, che non gli permettono di “ riposare” o “ rilassarsi” anche se questo gli è imposto.

Se come la legge recita, il chirurgo - pena anche la decadenza assicurativa - deve riposare 11 ore dopo un turno di lavoro, se ha un problema o una complicanza con un paziente da lui operato e di cui ha dunque la massima responsabilità, come può “riposare” ed ignorare il problema? E poi ritengo si cada addirittura nel ridicolo quando disponendo che se si lavora fino a due ore e dieci minuti in reperibilità non si recupera, mentre se si eccede detta durata di anche soli dieci minuti si è obbligati a riposare undici ore. Ma chiedo: di che parliamo? Di meccanismi robotici o di professionisti?

Tale burocratizzazione della nostra nobile professione non può far bene né al chirurgo né al paziente che da sempre si aspetta almeno la massima dedizione che oggi con l’applicazione di questa legge viene ulteriormente fortemente ostacolata. La normativa europea porterà inevitabilmente ad accentuare il solco che da anni si sta delineando tra i chirurghi ed i pazienti. Le necessarie alleanze e intese tra chirurgo e paziente non possono essere instaurate a orari intermittenti.
 
Ma “vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole, e più non dimandare” recitava il sommo poeta. So che non sarà facile da ottenere, ma noi auspichiamo fortemente una revisione della normativa, anche investendo i livelli europei di governance, in modo da non snaturare ulteriormente il già compromesso rapporto medico/paziente e soprattutto al fine di non ghettizzare una nobile arte nel ruolo di un mortificante e routinario esercizio professionale.

Francesco Corcione
Presidente della Società Italiana di Chirurgia
Direttore unità operativa complessa di Chirurgia generale
Azienda ospedaliera dei Colli Monaldi-Cotugno-Cto) 

Speciale Rainews - “A cuore aperto"

 

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Lo speciale di Rainews24 condotto da Gerardo D’Amico. In studio Beatrice Lorenzin, Ministro della Salute, Walter Ricciardi Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, Francesca Moccia del Tribunale dei Diritti del Malato, Giacomo Milillo segretario nazionale della FIMMG, Nino Cartabellotta Presidente della Fondazione Gimbe -

Francesco Corcione: "Sono tagli lineari, meglio far pagare chi può"

Il direttore di Chirurgia generale e laparoscopica nell'Azienda ospedaliera Monaldi di Napoli: "Proporrei contributi dei pazienti in base al reddito"

Repubblica  28/07/2015  di GIUSEPPE DEL BELLO   

NAPOLI. "Tagli lineari, una follia. Bisogna intervenire sugli aspetti organizzativi". Il professor Francesco Corcione, direttore di Chirurgia generale e laparoscopica nell'Azienda ospedaliera Monaldi di Napoli, è anche presidente della Società italiana di Chirurgia.



Tagli lineari dice lei, ma il governo nega.
"Se non è così, spiegassero bene in che modo hanno intenzione di risparmiare. Prima di programmare qualsiasi manovra a scapito di Asl e ospedali, andrebbero identificati i centri di eccellenza. In Italia ancora non sono stati istituzionalizzati".

I centri farebbero risparmiare? E come?
"Per esempio, se si individuasse un polo di alta specializzazione per il trattamento di patologie oncologiche in ogni regione otterremmo una riduzione delle complicanze. E già questo ci farebbe risparmiare tanti soldi. Recentemente a Parigi ho presentato la casistica italiana sul cancro dello stomaco, ebbene in oltre 250 ospedali sparsi su tutto il territorio nazionale vengono trattati meno di 5 casi all'anno. Non c'è alcuna logica, quale esperienza può avere un centro che ha numeri insignificanti?"

Eppure, la sanità degli sprechi è sotto gli occhi di tutti. Una semplice siringa ha costi diversi in regioni diverse
"E chi lo nega? Sono favorevole alle centrali uniche di approvvigionamento, ma con norme precise. Lei dice la stessa siringa che ha costi differenti. Ma dipende anche dal fatto che al nord l'azienda viene pagata a 30 giorni, al sud è costretta ad aspettare 3 anni. Ed è ovvio che si difenda con un prezzo più alto. Un programma di omogeneità di costi deve prevedere una tempistica simile nei pagamenti. E poi, c'è il problema delle competenze. Io da chirurgo, devo poter scegliere lo strumento più idoneo".

Terrebbe fuori l'ufficio amministrativo?
"Le faccio l'esempio della suturatrice per ricucire due segmenti di intestino. Se l'acquisto è imposto senza il mio parere, il paziente corre il rischio di una complicanza grave".

Tagli che mettono a rischio la salute?
"Tremo all'ipotesi di utilizzare strumenti comprati a prezzo più basso e inevitabilmente di scarsa qualità. Pochi mesi fa pagai le conseguenze di una scelta sbagliata".

A cosa si riferisce?
"La centrale campana di acquisti, rifornì il mio ospedale con guanti di pessima qualità. Puntualmente, appena indossati, si laceravano, altro che risparmio: ero costretto a cambiarmi continuamente".

La sua ricetta contro gli sprechi?
"La triade ideale, "tutto a tutti e di ottima qualità", oggi non è più possibile. Bisogna eliminare uno dei tre parametri, certamente non quello della qualità. Quindi, meno prestazioni a tutti oppure tutte le prestazioni ma non universalmente. Proporrei una compartecipazione. Per esempio un intervento chirurgico potrebbe prevedere un contributo del paziente in base al reddito. Ovviamente, in forma gratuita per i non abbienti. Oppure si potrebbe risparmiare grazie alla riorganizzazione dei centri ospedalieri in base a specificità di trattamento, competenza e produttività. Ancora oggi esistono realtà ospedaliere e universitarie con pochi posti letto, poche sale operatorie, con tempi di ricovero lunghissimi per mancanza di strutture".

Intervista al mago della laparoscopia, Franco Corcione

Pubblicato il 18 luglio 2015 by in

Su Il Mattino di oggi compare una lunga e ben articolata intervista di Maria Chiara Aulisio al professor Franco Corcione, primario della divisione di Chirurgia generale del Monaldi e presidente della Società italiana di Chirurgia.

Sappiamo che il professor Corcione vanta tantissimi estimatori anche tra i nostri lettori, per cui riteniamo di fare cosa gradita a molti riproponendo l’intervista integrale sul nostro sito:

Cristiano Huscher, il «chirurgo dei casi disperati», quattro specializzazioni, migliaia di interventi e altrettante vite salvate in Italia e all’estero, alla provocazione di un giornalista che recentemente gli ha chiesto chi avrebbe voluto trovare in sala operatoria se sotto i ferri fosse finito lui, ha risposto secco: «Franco Corcione e Gianluigi Melotti, chirurghi al Monaldi di Napoli e al Sant’Agostino Estense di Modena». Huscher, anzi il professor Cristiano German Sigmund Huscher, è un personaggio a tratti singolare per le sue battaglie professionali e, dunque, anche piuttosto discusso, ma ciò non toglie che sia universalmente considerato il mago del bisturi: nella comunità scientifica il suo giudizio pesa, eccome se pesa. A parte Gianluigi Melotti (che è leader europeo nel suo campo ma opera a Modena), qui si parla del professor Franco Corcione, napoletano doc, direttore della divisione di chirurgia generale del Monaldi e indiscusso pioniere delle più innovative tecniche laparoscopiche.Classe ’52, folti baffi su un viso perfettamente rasato in risposta a una barba sempre più inflazionata, il presidente della Società italiana di chirurgia sorride, mette a bordo i complimenti, ringrazia l’autorevole collega ma non cede alle lusinghe.

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Da chirurgo dei casi disperati a imputato: "Ne uccide più la giustizia del cancro"

Ha collezionato 65 avvisi di garanzia, sei processi, mai una condanna definitiva. Licenziato due volte. Controllava gli infermieri di notte fingendosi un paziente a letto e comprava i condizionatori ai malati

Che cosa ci fa Cristiano Huscher, «il nuovo Enzo Tortora», qui al Porto antico di Genova, dove si celebra il congresso nazionale dell'Acoi, associazione che raggruppa buona parte dei 25.635 chirurghi ospedalieri italiani, se sono stati proprio i suoi colleghi, «quasi mai i pazienti», a procurargli 60 avvisi di garanzia, «forse 65, ho perso il conto», dei quali ben 42 scaturiti dalle denunce di uno solo di loro, costringendolo a spendere 2 milioni di euro, «tutto ciò che avevo», in avvocati? Eppure dovreste vedere con quanti inchini, abbracci, salamelecchi, pacche sulle spalle e baci di Giuda sulle guance lo accolgono riverenti e festosi. Che cosa ci fa Cristiano Huscher, anzi il professor Cristiano German Sigmund Huscher, a un simposio avente come tema Il chirurgo per l'uomo: la Mente, le Mani, il Cuore, scritto così, con una sospetta profusione di maiuscole, se egli è convinto che nello svolgere una professione di cui sarebbero capaci persino le scimmie l'unica differenza la faccia lo studio, «senza quello, sei un infermiere»?

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Chirurgia. Corcione (Sic): “L’Italia non è un paese per chirurghi, aumentano quelli che vanno all’estero”

“I bisturi sono in fuga, siamo di fronte ad un’emorragia progressiva che potrebbe uccidere la sanità italiana”. È questo l’appello lanciato da Francesco Corcione, Presidente Eletto della SIC a Congresso a Roma “ormai formiamo risorse che cercano fortuna all’estero”. Le cause sono molteplici: personali, professionali e organizzative. Aumentano però i chirurghi donna.

4 OTT - In Italia nel 2010 il numero di assunti di ruolo in chirurgia generale ha coperto solo il 10% del fabbisogno e il 20% nella chirurgia specialistica. Situazione analoga nei reparti dove nel 2011 mancavano all’appello 8800 medici che secondo alcune stime diventeranno 22mila nel 2018, (dato fornito da Federspecializzandi) e 34mila tra soli 10 anni. Questi numeri forniti dalla Società italiana di chirurgia a Congresso a Roma danno la natura del fenomeno: siamo di fronte ad una lenta ma inarrestabile emorragia di chirurghi che presto mostrerà i suoi effetti sul Ssn. Concetto rafforzato dal presidente della Sic, Francesco Corcione, che non usa mezzi termini e afferma: “l’Italia non è un paese per chirurghi”.

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Corcione (Sic): in chirurgia mininvasiva disponibili ausili innovativi per bloccare le emorragie

Roma 14 Ottobre 2014 – (Popular Science) -  “La chirurgia si orienta sempre più verso una minore invasività a beneficio del paziente. Per far questo il chirurgo ha bisogno dell’ausilio tecnologico, attraverso device e strumenti che gli consentano di portare a termine interventi molto delicati.  In chirurgia ‘open’ – spiega il Prof. Francesco Corcione, Presidente Eletto della Società Italiana di Chirurgia (SIC) a margine del 116° Congresso in corso in questi giorni a Roma -  esistono diversi sistemi per bloccare un’emorragia. In quella meno invasiva, al contrario, si necessita di ausili innovativi.” L’introduzione di innovativi dispositivi medici emostatici a base di collagene, rappresentano un’efficace risposta alle necessità del chirurgo in sala operatoria quando il controllo delle emorragie tramite pressione, legatura o procedure convenzionali risulta essere inefficace o non praticabile.hirurgia mininvasiva disponibili ausili innovativi per bloccare le emorragie

Chirurgia. Corcione nuovo presidente Sic. Nel suo programma “Alleanze con le altre specialità e comunicazione con il paziente”

La società italiana di chirurgia ha una nuova guida: Francesco Corcione. “Per me – ha detto – è motivo di orgoglio e onore assumere questa presidenza che ha visto protagonisti i più grandi nomi della chirurgia italiana. Sono altresì felice di essere il primo chirurgo ospedaliero del Sud”.

15 OTT - “La chirurgia non è una torre d’avorio ma una disciplina a stretto contatto con pazienti e territorio che ha però peculiarità e criticità uniche. Parte del mio mandato sarà quindi dedicato a riproporre la chirurgia come un atto medico con tutti i suoi limiti, che può essere migliorato ma che non ha caratteristiche di infallibilità. Ritengo che riorganizzare le dinamiche di dialogo con i pazienti e i familiari potrà aiutare a diminuire le denunce che interessano l’80% dei chirurghi. Dobbiamo riscrivere le regole di questo rapporto e sono intenzionato a farlo con l’aiuto di tutti, al momento abbiamo forse delegato troppo ad un modulo di consenso informato”. Queste le prime parole di Francesco Corcione, neo eletto presidente della Società Italiana di Chirurgia (Sic) durante il congresso dei chirurghi italiani che si è concluso oggi a Roma. 

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